L'Italia potenza del Mare Nostrum (2024)

Nonostante le convulsioni internazionali e vecchie e nuove criticità, il sistema mare italiano nelle sue diverse articolazioni si conferma un comparto dinamico, una filiera competitiva e in costante crescita. I numeri, solidi e freddi, parlano chiaro: shipping, logistica, nautica, portualità turistica e commerciale, pesca, ambiente rappresentano il 9,1% della intera economia nazionale e, considerando anche la componente indiretta, arrivano a circa 161 miliardi di euro, con una occupazione di circa 915 mila persone direttamente coinvolte. Analizzando ulteriormente i dati dei cosiddetti “Blue jobs”, l’Italia si conferma al terzo posto a livello europeo, preceduta solo da Spagna e Grecia.

Entrando nello specifico dell’attività portuale l’anno scorso, come rileva lo studio di Assoporti e SRM pubblicato in Port Infographics Update 2024, gli scali italiani hanno superato i 470 milioni di tonnellate movimentate; in lieve crescita i Ro-Ro (+0,4%), mentre calano container, rinfuse solide e liquide. Ottime, invece, le performance per passeggeri e crociere (+16,3% e +48,3%). Nel 2023 sono stati trasportati via mare 338 miliardi di euro dell’import-export italiano, con gli USA come primo partner dell’export marittimo (41,8 miliardi) e la Cina per l’import (32,8 miliardi). Ricordiamo poi lo sforzo incentrato sulla sostenibilità e al concetto innovativo di “green port”: il 49,5% del tonnellaggio attualmente in ordine nei cantieri navali è alimentato a combustibili alternativi (prevalgono GNL e Metanolo), mentre al 2030 il 25% della flotta navale complessiva in mare sarà alimentata a carburante alternativo

Insomma, il mare rappresenta un volano importante, quanto sottovalutato, per l’intera nazione. Da qui la richiesta, reiterata nei vari convegni e incontri, da parte delle imprese e degli stakeholder privati e pubblici dei settori coinvolti di una maggiore attenzione da parte della politica e delle istituzioni (a lungo pervicacemente terricole) e infine, dopo un lungo silenzio, qualcosa inizia a muoversi con la costituzione da parte del governo Meloni del Ministero del Mare. Grazie al ministro Musumeci il 31 luglio 2023 il comitato interministeriale per le politiche del mare ha approvato il tanto atteso “Piano nazionale del mare“. Un primo passo nella giusta direzione e l’inizio (speriamo) di una visione unitaria che razionalizzi un percorso di governance del settore attualmente spezzettata in ben 11 ministeri.

Al Terzo Summit dell’Economia, tenutosi a Gaeta lo scorso aprile, Giovanni Acampora, presidente di Assonautica, ha riconosciuto che il comparto ha «finalmente trovato un panorama istituzionale favorevole, grazie all’istituzione del Ministero per le politiche del Mare e del Comitato Interministeriale, che confermano la scelta di percorrere la strada del riconoscimento della identità marittima dell’Italia che trova riscontro nella nostra lunga storia di relazioni commerciali, di tradizioni e di mestieri fortemente legate al Mare Nostrum, e che merita di avere una sintesi istituzionale univoca, dove si definisca la visione strategica unitaria di sviluppo, che risponda ad un’agenda chiara e percorribile».

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Speranze e prospettive a cui debbono però seguire in tempi rapidi fatti concreti e decisioni chiare. L’attualità infatti non concede spazio all’ottimismo. A fronte della forte vivacità del nostro comparto sull’orizzonte si stagliano nuvole sempre più scure e cupi venti di guerra.

Come ricorda in un apposito report il Centro Studi Fedespedi, la crisi del Mar Rosso, apertasi lo scorso dicembre e tutt’ora in corso, ha impattato duramente sul trasporto marittimo globale e di conseguenza sul sistema mare tricolore. Negli ultimi sei mesi si evidenzia la riduzione dei passaggi dal canale di Suez (-50% nelle prime settimane del 2024) determinata dalla scelta delle compagnie di navigazione di optare per il passaggio per il Capo di Buona Speranza. Il cambio delle rotte e delle rotazioni ha impattato sul costo dei noli penalizzando i nostri scali e avvantaggiando i porti del Mediterraneo più vicini allo stretto di Gibilterra come Tangeri (crescita del 26%) e i porti spagnoli (complessivamente in crescita del 12,1%).

«I porti italiani evidenziano nel complesso una flessione del 3,2% nel primo trimestre del 2024 su cui pesa, tuttavia, anche l’andamento poco brillante del commercio internazionale» – ha commentato il presidente di Fedespedi, Alessandro Pitto – «nei primi due mesi dell’anno: esportazioni +0,6% e importazioni -10,4%. Occorre investire sulla nostra capacità di essere competitivi sul mercato del commercio internazionale, recuperando in questo modo eventuali quote di traffico perse a causa delle mancate toccate delle rotte presso i nostri porti».

Preoccupazioni condivise anche dal neo commissario straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico OrientaleVittorio Torbianelli:«Stiamo affrontando una crisi che non ci permette ancoradi interpretare tendenze, ma certo se la rotta alternativa del Capo di Buona Speranza, scelta da molti armatori, da transitoria diventasse strutturale per un prolungarsi eccessivo della crisi, il sistema portuale italiano ne soffrirebbe pesantemente.Ci sono comunque diversi tipi di traffico:valorizzaree sviluppare ulteriormente la multisettorialità, l’unica chiave che ha il nostro sistema portuale per affrontare la crisi in corso».

Alla guerriglia navale dei ribelli yemeniti si sommano poi altri problemi. In attesa della sburocratizzazione del Codice della Navigazione e, soprattutto, dell’impatto della tassazione europea ETS sulle emissioni (entrata in vigore a gennaio 2024 nonostante l’opposizione di tutti i governi dell’Europa mediterranea), stiamo assistendo, come ricorda Alessandro Santi presidente della Federazione agenti marittimi, «a una crisi di governance portuale che rischia anche di ripercuotersi sulla tempistica della realizzazione delle nuove opere che riguardano il sistema portuale e logistico. Peraltro allontanando nel tempo le ipotesi di riforma del settore ora quanto mai necessaria. La sovrapproduzione di norme, la loro poca chiarezza e propensione alla libera interpretazione di definizioni di ruoli e di sistemi di controllo non fanno altro che alimentare situazioni di incertezza e di stallo che causano ritardi e la fuga degli investitori dal nostro Paese».

Secondo Santi senza interventi strutturali rischiamo nuovamente di trovarci impantanati in una stagione a rischio immobilismo e ciò proprio nel momento in cui, sia sul fronte delle opere sia sul fronte organizzativo e operativo, i porti, ciascuno con la propria vocazione, sarebbero chiamati a un vero e proprio rush, sfruttando il recupero di centralità dell’Italia nel Mediterraneo. La credibilità e robustezza internazionale di oggi deriva anche dal fatto che abbiamo la seconda portualità europea (lottiamo la posizione con la Spagna) e che siamo il secondo Paese manifatturiero (dopo la Germania). Il presidente ricorda che «il nostro binomio capacità logistica/ performance industriale (ad ampio spettro) è la nostra vera forza, binomio, questo, unico nel panorama europeo; e tendiamo a dimenticarcelo troppo spesso». Parole su cui riflettere.

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